Così scriveva Primo Levi da Aushwitz. Il parallelo è tristemente attuale se pensiamo a quello che sta accadendo oggi rispetto alla migrazione. La paura del diverso, che nasce soprattutto da pregiudizi, si sta allargando a macchia d’olio. Ciò è dovuto in gran parte ai falsi racconti dei media e alle strumentalizzazioni dei partiti politici, che preferiscono perseguire scopi elettorali invece che assumersi la responsabilità di trovare soluzioni accettabili e degne per creare le basi di una convivenza pacifica. Bisognerebbe spiegare alla popolazione che il rischio percepito non è reale, mentre tutti sembrano impegnati a sfruttare “l’infezione latente” per prendere voti. Si instaura così un clima piuttosto teso, fatto di leggi antidemocratiche, sgomberi e colpevolizzazioni che non hanno ragion d’essere.
La percezione che ne emerge è quella di un’invasione, assolutamente sconfessata dai numeri. Al contrario, bisognerebbe affermare con forza la verità e dire che oltre alle ragioni umanitarie, prime e indiscutibili leve dell’accoglienza, sono tanti i motivi – non da ultimi quelli economici – che dovrebbero spingerci a creare un sistema inclusivo e funzionale. Ma la macchina del consenso sceglie di scatenare la famosa “guerra tra poveri”, aizzando la popolazione provata dalla crisi economica contro chi non ha altra possibilità se non quella di emigrare.
_Questo progetto è stato realizzato per Pensare Migrante 2, la tre giorni sull’immigrazione organizzata da Baobab Experience_
Abbiamo deciso di fotografare i nostri amici migranti e i volontari di Baobab Experience, di mischiare i loro ritratti e di chiedere agli spettatori di indovinare chi tra loro sia rifugiato e chi no. Si tratta di un esperimento molto semplice, che però dimostra quanto i preconcetti e i condizionamenti culturali influiscano sulla percezione del fenomeno. Dimostra anche come la paura dello “straniero” non abbia tanto a che fare con la nazionalità o con il colore della pelle, quanto piuttosto con la povertà.